IL GIUDICE DI PACE

    Sciogliendo  la  riserva formulata nel verbale dell'udienza del 9
febbraio  2007,  nella causa introdotta con ricorso dal sig. Kharebov
David, nato il 10 dicembre 1981 e residente o comunque domiciliato in
Trieste, rappresentato e difeso, giusta delega a margine del ricorso,
dall'avvocato  Gianfranco  Carbone,  con  domicilio  eletto presso lo
studio  legale in Trieste, via Romagna, 30, ricorrente, nei confronti
del  «Prefetto  della  Provincia  di  Trieste»,  domiciliato  presso,
l'Avvocatura  distrettuale  dello  Stato  in Trieste, resistente, per
l'annullamento  del  decreto  di  espulsione dal territorio nazionale
n. 19  del  24  gennaio  2007,  e  nei  confronti  del Questore della
Provincia  di  Trieste  domiciliato  presso l'Avvocatura distrettuale
dello  Stato in Trieste per l'annullamento dell'ordine di lasciare il
territorio   nazionale,   n. 22  del  24  gennaio  2007,  entrambi  i
provvedimenti  notificati  in data 24 gennaio 2007, ha pronunciato la
seguente ordinanza.
    Verificata la regolare costituzione del contraddittorio;
    Sentite  le  parti  in  Camera  di  consiglio  all'udienza  del 9
febbraio 2007;
    Esaminata    la    documentazione   depositata   dalla   pubblica
amministrazione;

                        Considerato in fatto

    Il Prefetto della Provincia di Trieste:
        esaminata  la  segnalazione  della Questura di Trieste del 24
gennaio  2007  dalla quale risultava che il sig. David Kharebov, nato
il  10  dicembre  1981 in Georgia, residente in Georgia, in Italia in
via Gatteri 24 a Trieste, avente la cittadinanza georgiana, munito di
passaporto ordinario rilasciato dalle competenti autorita' georgiane,
era  entrato  nel  territorio  dello  Stato nel mese di novembre 2005
proveniente  dall'Austria;  che  non  aveva  richiesto il permesso di
soggiorno  entro  otto  giorni lavorativi, come dall'art. 5, comma 2,
del d.lgs n. 286/1998 e che tale omissione non era stata giustificata
da  alcun  motivo di forza maggiore; che in data 15 giugno 2006 aveva
ricevuto  la  notifica  dalla  Questura  di  Foggia del diniego dello
status  di  rifugiato  politico; che si era trattenuto nel territorio
nazionale privo del permesso di soggiorno;
        letto  l'art. 13,  comma,  2  lett.  b)  e comma 5 del d.lgs.
n. 286/1997 come modificato dalla legge n. 189/2002.
        aveva  decretato  l'espulsione  dal  territorio nazionale del
medesimo sig. David Kharebov.
    Il   Questore   di  Trieste,  di  conseguenza  con  provvedimento
notificato  in  data  24  gennaio  2007,  aveva  ordinato al predetto
sig. Kharebov  David di lasciare il territorio nazionale entro cinque
giorni, attraverso la frontiera di Roma Fiumicino
    Contro il predetto decreto di espulsione ed il conseguente ordine
del   Questore  di  Trieste  di  lasciare  il  territorio  nazionale,
1'avvocato  Gianfranco  Carbone,  in rappresentanza del sig. Kharebov
David ha proposto ricorso a questo giudice di pace ai sensi dell'art.
13,  comma  8,  del  d.lgs.  n. 286/1998, cosi' come modificato dalla
legge  n. 189/2002 e dal decreto-legge del 14 settembre 2004, n. 241,
con il quale premesso:
        che il ricorrente, cittadino georgiano di nazionalita' russa,
aveva chiesto il riconoscimento dello status di rifugiato politico ai
sensi della Convenzione di Ginevra;
        che  la competente Commissione centrale gli aveva negato tale
riconoscimento  con  provvedimento  del  7 giugno 2006, notificato in
data 15 giugno 2006 al ricorrente stesso;
        che  contro  il  provvedimento  di diniego in questione aveva
notificato  Atto di citazione davanti al Tribunale di Trieste sin dal
l°  luglio  2006, iscritto a ruolo sub RG 2518/06, (ultima udienza in
data  25  gennaio  2007)  nei  confronti del Consiglio dei ministri -
Commissione  centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato
-  in  persona del Presidente del Consiglio in carica, e del Ministro
dell'interno  -  Commissione  centrale  per  il  riconoscimento dello
status  di  rifugiato  -  in persona del Ministro in carica, entrambi
domiciliati presso l'Avvocatura distrettuale dello Stato in Trieste;
        che  il  Prefetto di Trieste in data 21 settembre 2006, aveva
emesso  il decreto di espulsione di cui si tratta seguito dall'ordine
del Questore indicato in epigrafe;
        che  i  provvedimenti  impugnati sono conseguenza diretta del
diniego  gia'  impugnato,  ha chiesto a questo Giudice di pace in via
principale  l'annullamento  dei  provvedimenti  impugnati  ed  in via
subordinata la sospensione dell'efficacia fino alla conclusione della
causa di accertamento del diritto avanti al Tribunale di Trieste.
    Questo giudice, letto il ricorso ora in trattazione, ha sospeso i
provvedimenti  impugnati  sino  all'esito  del presente ricorso ed ha
fissato  udienza  di  comparizione  delle  parti  avanti  a  se'  per
l'udienza  del  9  febbraio 2007 ad ore 9,30, aula 11, secondo piano,
via Coroneo n. 13 di Trieste.

                         Ritenuto in diritto

    Ritiene  questo  giudicante che debba essere sollevata di ufficio
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1-ter comma 6, del
decreto-legge  30  dicembre  1989, n. 416, (pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  italiana  n. 303 del 30 dicembre 1989),
convertito  nella  legge  n. 39  del  1990 (pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 49  del  28 febbraio 1990 e ripubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  n. 67 del 21 marzo 1990, nella parte in cui prevede che il
ricorso  avverso  la  decisione  di  non  riconoscere  lo  status  di
rifugiato,   adottata   dalla   Commissione   territoriale   per   il
riconoscimento  dello  status  di  rifugiato, presentato al Tribunale
civile  di Trieste in composizione monocratica, entro quindici giorni
dalla   notifica   della   predetta   decisione   «non   sospende  il
provvedimento di allontanamento dal territorio nazionale».
    Cio'  in  quanto,  a  proprio  giudizio,  l'applicazione  di tale
disposizione  comporta  violazione  del  diritto  di difesa garantito
dell'art. 24  della  Costituzione,  il quale dispone che la difesa in
giudizio   e'   diritto   inviolabile  in  ogni  stato  e  grado  del
procedimento. (Cfr. art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87).
    Ritiene,   altresi',   questo   giudice   che   la  questione  di
legittimita'    costituzionale   che   solleva   d'ufficio   non   e'
manifestamente  infondata perche' il diritto di difesa del ricorrente
nel  giudizio  dinanzi al tribunale contro il diniego della qualifica
di   rifugiato  politico  e'  violato,  data  l'impossibilita'  dello
straniero,  necessariamente  espulso  pur  in pendenza del ricorso ex
art. 1-ter, comma 6 del decreto-legge n. 416 del 30 dicembre 1989, di
essere  sentito  personalmente  e  di  fornire eventuali informazioni
utili all'approfondimento dell'istruttoria.
    Va   sottolineato   in   proposito   che   la   previa  audizione
dell'interessato  non  e' una mera facolta' ma un obbligo del giudice
che attiene al rispetto di un valore costituzionale, l'inviolabilita'
del  diritto  alla  difesa  in  ogni tipo di giudizio. (Cfr. Corte di
cass., sez. I civile sentenza 12 febbraio/23 marzo 2004 n. 5728).
    Ritiene,  infine, che la questione di legittimita' costituzionale
sopra delineata e' rilevante perche' la sua decisione influisce sulla
decisione  della  presente  causa instaurata con il ricorso contro il
provvedimento prefettizio di espulsione.
    Infatti,  ove  fosse  dichiarata  l'illegittimita' costituzionale
della  norma  di  cui  all'art. 1-ter,  comma 6, del decreto-legge 30
dicembre  1989,  n. 416,  quest'ultima  non potrebbe essere applicata
(art. 30  legge  n. 87 del 1953) in pendenza del ricorso al tribunale
contro  il  rigetto  della  domanda di riconoscimento dello status di
rifugiato   politico,   e   la   sospensione   del  provvedimento  di
allontanamento   dal   territorio  nazionale  sarebbe  rimessa  alla'
discrezionalita'  del  tribunale  competente  a conoscere del ricorso
contro  il diniego dello status di rifugiato politico. D'altra parte,
tenuto  conto della immediata esecutivita' del decreto di espulsione,
anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell'interessato
(art. 13,  comma 3 del decreto legislativo n. 286/1998) e considerato
che  la  decisione  sul  ricorso  contro  il  decreto  di  espulsione
dev'essere  adottata  entro  il termine prefissato dal legislatore di
venti  giorni  dalla  data  di  deposito del ricorso stesso (art. 13,
comma  8  del  T.U.  citato),  appare fortemente dubbia una soluzione
ermeneutica  che  prospetti  l'ammissibilita' di una misura cautelare
anticipatoria  della decisione sul ricorso contro il provvedimento di
espulsione.
    In  verita',  la  sospensione  dell'esecutivita'  del  decreto di
espulsione  impugnato  dinanzi al giudice di pace non garantirebbe il
diritto  di  difesa  del ricorrente, perche' la decisione del ricorso
contro  il  decreto  di  espulsione,  oltre la quale, ovviamente, non
potrebbe  protrarsi  la  sospensione  dell'esecutivita'  del medesimo
decreto, deve (tendenzialmente) avvenire nel termine di 20 giorni.